Dopo aver percorso i deserti del Niger lungo il cammino di chi tenta di arrivare al Mediterraneo, Francesca d'Aloja ed Edoardo Albinati hanno partecipato a nuove missioni dell'Agenzia ONU per i Rifugiati-UNHCR, stavolta percorrendo qualche tratto della famigerata "rotta balcanica", che dal Medio Oriente conduce verso le nostre frontiere. È un percorso irto di pericoli, ma chi sta fuggendo dalla miseria e dalla guerra (il più delle volte, da entrambe) lo affronta come unica possibilità per conservare la vita o costruirsene una migliore. Su queste piste rischiose, attraverso foreste, fiumi e lande desolate, e confini spesso difesi in modo feroce, sono passati a centinaia di migliaia negli anni recenti, provenienti dalla Siria devastata, ma anche da Paesi molto più lontani: viaggi che durano mesi o anni, spesso costellati da sofferenze e umiliazioni, da trappole, inganni e brutalità che noi stentiamo a immaginare. Eppure, malgrado le ferite fisiche e morali inflitte loro lungo il cammino, i protagonisti di questo reportage rivelano sempre una sorprendente forza vitale e l'ostinazione di chi sta solo cercando di riconquistarsi un minimo di dignità. Dopo l'Africa narrata in Otto giorni in Niger, ritroviamo d'Aloja e Albinati alle frontiere che separano Macedonia del Nord, Serbia, Romania e Ungheria, Slovenia e Italia, e infine tra le montagne piemontesi, dove migranti e rifugiati diretti in Francia tentano forse l'ultimo passaggio. Senza alcun pietismo né partito preso gli autori hanno raccolto per noi le voci di chi ha tentato ripetutamente il "game" - il gioco rischioso di attraversare frontiere ostili - e decine di volte sono stati respinti: racconti impressionanti da leggere oggi, quando quelle stesse frontiere europee si sono aperte per accogliere, calorosamente, i profughi della guerra in Ucraina. Ma dalle quinte di questo libro si affacciano anche altri personaggi, altrettanto ostinati: sono tutti coloro che si adoperano per soccorrere, accogliere, curare.
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