Inopportuni, eccessivi, spocchiosi e pretestuosamente albanesi: questi sono i Piserchia, l’ingombrante famiglia materna toccata in sorte al protagonista. E, in mezzo a tutti, spicca lei: Teresa, la nonna che nessuno vorrebbe avere. Teresa che da giovane era bella, bellissima. Teresa che aveva talento e «suonava», incantando salotti e gerarchi. Teresa che ha conosciuto e fatto innamorare gli uomini più celebri del Novecento (ma sarà autentico quell’autografo di Cole Porter?).
Studiata da Freud e da Fermi, amata da Moravia e da Amedeo Nazzari, musa delle arti a Parigi e del jazz a New York (ma forse era viceversa?). Per forza ha cresciuto il nipote tra idee irrealizzabili di grandezza e di fama, preparandolo a una vita di frustrazioni. Per forza lui, crescendo, l’ha odiata e ha reciso ogni legame, o almeno così credeva.
Perché anche oggi, nel giorno del suo funerale, Teresa Piserchia non si lascia seppellire. Costretto a diventare il suo biografo, e a barcamenarsi tra la realtà (ma esiste?) e i mille miti di famiglia, lui dovrà prendere atto che quelle come sua nonna non muoiono: diventano aneddoti.
Forse tutte le biografie sono apocrife. E forse è proprio questo il segreto della vita. Grazie alle storie, fallire con grazia. Un romanzo tenero, agrodolce e fantasioso. Una protagonista indecorosa, ammaliante, imperdonabile. Una saga familiare sulla segreta importanza della vanagloria.
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