La vera storia di Marian Trimiar: la ragazza venuta dal ghetto capace di combattere contro qualunque pregiudizio e di rivoluzionare il mondo della boxe.
«Ti ameranno e ti odieranno perché sei nero, bianco, grasso, magro, un pugile. Non preoccuparti di quello che dice la gente» — Marian “Lady Tyger” Trimiar
Qualcuno la chiama Black Kojac per la sua pelle nera e la testa rasata. Ma, come racconta Silvia Cruz Lapeña in un libro appassionante come solo le storie vere sanno essere, Marian Trimiar non ha nessuna intenzione di accettare che siano altri a stabilire ciò che va bene per lei, che si tratti della sua vita o, più semplicemente, del suo nome. Per questo, sul ring, rifiuta di essere considerata «la figlia del minatore» o «la figlia del predicatore». Perché le sue scelte non hanno nulla a che vedere con il mestiere o la religione di suo padre. I suoi pugni, se è per questo, non hanno nulla a che vedere neppure con ciò che è stato concesso a legioni di donne prima che lei stessa scegliesse di intraprendere una carriera da pugile professionista e di essere chiamata con un nome destinato a restare nella storia della boxe: «Lady Tyger». Un’epopea straordinaria come può esserlo una lotta in grado, colpo dopo colpo, di mettere KO i pregiudizi razzisti e sessisti che hanno osato sfidare il suo percorso. Portato avanti a dispetto di tutto. Fino alla vittoria di un memorabile campionato del mondo nel 1979.
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