Kyler. Principi Azzurro Sangue.

Paola Gianinetto
 

Kyler è il primo romanzo della saga Principi Azzurro Sangue scritta da Paola Gianinetto per Emma Books. Puoi acquistarlo su Bookrepublic, Amazon, Apple  e tutti i principali ebook store italiani.

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Come nasce un romanzo: personalità dissociata e gruppo di pronto intervento.

Kyler, Nia e tutti gli altri sono venuti al mondo un bianco mattino d’inverno, durante le vacanze di Natale.
Lo ricordo come se fosse ieri. Fuori nevicava fitto fitto, il termosifone dello studio era bollente e mia figlia trascorreva un paio di giorni dai nonni: una specie di candido, avvolgente nirvana, da cui doveva per forza venire fuori qualcosa di speciale.
Quando mi sono seduta davanti al computer, avvolta in una coperta di lana rossa, loro hanno lasciato le mie dita riversandosi sulla tastiera e poi sullo schermo bianco, fluidi e sinuosi come un neonato che abbandona il corpo della madre, ma non altrettanto arrabbiati. Potevo sentirli. Erano entusiasti di entrare nel mondo reale, almeno quanto lo ero io di dare loro una forma, delle emozioni, un’identità di creature pensanti.
È stato amore a prima vista e da allora non ci siamo più lasciati.
Finché si è trattato di delineare i punti salienti della trama, intervallati qua e là da qualche appunto sul carattere dei personaggi e il loro ruolo nella storia, più o meno riuscivo ancora a cavarmela, ad avere la cosa sotto controllo. Ma quando la prima frase del libro è apparsa davanti me, nero su bianco, mi sono persa completamente.
“Se possibile, faceva ancora più freddo del solito.”
Io non avevo freddo per niente, raggomitolata nella mia coperta calda con i fiocchi di neve che scendevano fuori dalla finestra, ma un brivido l’ho sentito lo stesso. È stato più o meno lì che ho capito di essere fregata.
Ho preso armi e bagagli e nei due giorni successivi mi sono trasferita a Windhill, corpo, mente, cuore e tutto il resto. Meno male che mio marito è una persona comprensiva (e ha un sacco di interessi), altrimenti ci sarebbe rimasto un po’ male a vedermi andare via così, senza preavviso. Certo, gli avevo lasciato il mio ologramma seduto alla scrivania, ma diciamocelo, non è la stessa cosa.
Dopo quei primi due giorni, è stato un continuo fare e disfare le valige. Per fortuna ho trovato un volo diretto Torino-Windhill che mi permetteva di spostarmi abbastanza agevolmente tra i miei due mondi, ma mentre l’andata durava solo pochi secondi, nel volo di ritorno c’era sempre qualcosa che non andava: una parte fondamentale di me tendeva a rimanere bloccata al controllo passaporti, o sul rullo trasportatore dei bagagli, chiusa in un borsone che, ne ero certa, aveva fatto apposta a perdersi nei meandri della dogana. Accidenti a lui.
Quando mia figlia mi diceva, paziente: “Mamma, questo l’abbiamo letto ieri sera. Harry Potter c’è già stato nella foresta proibita, non ti ricordi?” io le sorridevo e passavo al capitolo successivo. Mica potevo confessare a una bambina di sei anni che in quel momento ero in un’altra foresta, a guardare Kyler e Nia che passeggiavano nella neve, sentendo le loro voci sussurrare parole che neanche mi sembravano più mie, talmente erano diventati vivi e reali, in quel piano di esistenza. Quasi non avevano più bisogno di me, ero io a dipendere da loro, e tutti facevano un po’ quello che gli pareva, in barba al volere della loro creatrice.
Da allora, è sempre stato così e così continua a essere anche adesso, mentre scrivo il secondo romanzo della serie. Loro (i personaggi trasformati in persone), se ne fregano della suddivisione in libri, o in capitoli, e delle varie esigenze editoriali: Principi Azzurro Sangue è la loro vita e la vivono senza sbalzi o interruzioni e senza fare troppo caso a me.
Esistono i dubbi, certo, non molti a dire la verità (perché ormai sono loro a comandare), ma qualcuno, prima o poi, viene fuori. E che cavolo, un po’ di voce in capitolo devo pure averla anch’io, in tutta questa storia.
In questi casi, il gruppo di “pronto intervento dubbi” è lì, nascosto nell’ombra, sempre disponibile a riportare me (e soprattutto loro) sulla giusta carreggiata. I membri del gruppo, le mie amiche più care, li hanno visti nascere, neanche fossero state in sala parto insieme a me a tenermi la mano, li hanno guardati muovere i primi passi, piangere quando mettevano i dentini (aguzzi) e li amano quasi quanto li amo io. Ma, a differenza di me, che ormai sono a tutti gli effetti ostaggio dei miei personaggi-persone, loro riescono a mantenere la distanza necessaria per essere obiettive. Amorosamente obiettive e implacabili, ognuna a modo suo.
C’è quella che parla col cuore: per lei, fondamentalmente, sono una scrittrice da premio Nobel per la letteratura e se non dovessi vincerlo è solo perché quelli preposti ad assegnarlo non ci capiscono niente. Ma tra un meraviglioso balsamo per l’autostima e l’altro, vengono fuori dalle sue labbra le verità più semplici e pure, nate dall’istinto e per questo ancora più preziose.
C’è la roccia solida e indistruttibile a cui appoggiarsi nei momenti di panico, quella che ha sempre una risposta per tutto e che mi accompagna agli incontri con gli editori ascoltando instancabile i miei sproloqui dettati dall’ansia, ripetuti sempre identici, così tante volte che anche un santo, alla fine, mi manderebbe al diavolo. Lei no. Lei sorride e mi dice, con la massima calma: “Paola, rilassati: comunque vada, a te non accadrà niente”.
C’è quella che, qualunque cosa dica, sembra geniale. Che, con estrema nonchalance, mi fa un commento che è l’essenza stessa di quello che ho sempre pensato, solo che non sono mai riuscita a tradurlo in parole. C’è quella che dà pochi consigli, ma quando lo fa non ne sbaglia uno e quella puntuale e precisa per deformazione professionale, che non te ne lascia passare una, e meno male.
E infine, quella grazie alla quale tutto questo è diventato possibile, quella che fin dall’infanzia mi prende a calci nel culo per farmi essere un po’ meno come me e un po’ più come lei, per insegnarmi che nella vita puoi anche osare e che di solito, quando lo fai, il mondo non ti casca addosso… anzi, magari potrebbe persino andarti bene.
A tutte loro vanno il mio affetto e la mia eterna gratitudine e, anche per loro, mi auguro che quelli che leggeranno le mie storie le amino un po’ come noi. Lo spero per le mie amiche, per me… e soprattutto per loro, gli arroganti abitatori della mia seconda vita: ho la sensazione che, se li costringessi a tornare nell’ombra, non ne sarebbero affatto felici.
E, parlando di vampiri, è sempre meglio che le ombre ti siano amiche…

Paola Gianinetto

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