il libro rivelazione di quest'anno: Quattro giorni per non morire di Marino Magliani

 
Marino Magliani , Quattro giorni  per non morire , Sironi

"un uomo in fuga per salvarsi. L'attesa di un tempo che non vuole tornare"
IL LIBRO RIVELAZIONE DI QUEST'ANNO
www.marinomagliani.com







"L’ho amata tante volte sulle pagine dei libri quella Liguria lì che non so più se esista davvero o se l’abbiano inventata gli scrittori. Se sia quel pezzo di terra (estremo lembo del ponente ligure, di solito si dice così) ad aver prodotto una letteratura o la letteratura ad aver costruito una geografia cui abbiamo affidato il compito di descriverci. Muri a secco, terrazze, olivi, mimose, orti, vento, luce, mare. Sono i punti cardinali, e intermedi, della bussola che orienta ogni scrittore di Liguria, la scacchiera sulla quale muovono tutti i pezzi dei nostri romanzi-paesaggio, per definirli con Calvino. Aspri e scoscesi, va da sé. E ad aggiungerci la frontiera, ecco che si apre la via di fuga necessaria a sfondare gli orizzonti, a non confinarsi nella ripetizione o nella maniera. Marino Magliani (di cui ignoro tutto, tranne quel che leggo nelle poche righe del risvolto di copertina: quarantacinque anni di Dolcedo, in provincia di Imperia, “vive e lavora a IJmuiden, sulla costa olandese”: ho controllato, IJmuiden esiste, significa foce del fiume IJ ed è un importante porto di pesca marittima) apre e chiude il suo romanzo ( Quattro giorni per non morire , Sironi, € 12,90, dal titolo sembra un thrillerino qualunque ma non lo è, si può stare tranquilli) con una frontiera: all’inizio quella fra Perù e Bolivia, alla fine quella di Ventimiglia, “dove non l’Italia ma la Liguria” se ne va. Nel mezzo, una storia che rispetta la rosa dei venti ortodossa e ci aggiunge tanto di suo e tanto di bello. La storia di Gregorio (non si chiamava Gregorio anche l’io narrante dell’Angelo di Avrigue?), della sua passione per l’archeologia, le grotte dell’uomo di Cro-Magnon, gli scheletri, i segni che uniscono universi separati da oceani; di una tenera amicizia fra maschi; di una malattia bastarda; di un carcere dove non si vuole tornare; di un paese eterno, “pigna di case, lampioni accesi e rami di palme”, dove alle pellacce da vino e alla gente cronicamente senza donne, si mischiano muratori turchi dalle mani spaccate dalla calce. Una storia di rassegnazione e di ricordo di felicità disumane. Impastata da Magliani con mano matura, in una lingua ruvida e famigliare che rimanda a tanta grande letteratura, non solo ligure: Boine, Sbarbaro e Montale, chiaro, per associare liberamente, ma anche Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, o Carlo Cassola e Manlio Cancogni. E costantemente illuminata dal riverbero della luce solenne che promana dalle pagine di Francesco Biamonti."
dai Cavoli a merenda di Stefano Tettamanti

Pubblicato il 09/02/2010
 
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