"Ci eravamo rivisti dopo oltre dieci anni la sera del 25 dicembre. Valerio girava con una foto di classe che alla fine della serata mi ritrovai in mano. Tornai da solo a casa con la nebbia e l'odore di terra bagnata. Rimasi sveglio a lungo. Scorrevo i visi della foto. Era stata scattata nella primavera del 1996. Che fine avevano fatto tutti? Di quei venti ragazzi, erano rimasti sotto l'Ofanto soltanto in quattro. Un quinto. I dati sull'emigrazione giovanile che pochi mesi prima avevo studiato per un articolo si tramutarono in vite umane, in volti, facce, ed erano le facce con le quali ero cresciuto. Ebbi per la prima volta la percezione di quanto fosse umana la statistica, se applicata agli uomini. I dati freddi diventarono di carne. Il miracolo dei numeri che si trasformano in uomini mi turbò. Fu sbalorditivo, ma quella notte decisi che avrei dovuto ricercarli tutti." Nelle otto storie di altrettanti "compagni di classe" Mario Desiati racconta, tra leggerezza e malinconia, la diaspora di una generazione di 'fuorisede' (perché prova tu a stare in autobus accanto a un cingalese che ha almeno una settimana di viaggio per tornare a casa sua, e poi ad autoproclamarti 'emigrato'!). Sono uomini e donne con la laurea nel cassetto o appesa al muro, che hanno lasciato il sud per studiare e non sono più tornati, che a Natale affrontano comuni odissee ferroviarie per raggiungere la propria famiglia, che si arrangiano, si affermano, si ammalano di nostalgia o si dichiarano 'guariti' dal male delle proprie radici."
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