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in cui risponde personalmente e in cui trovi i libri, gli articoli e le
recensioni di ristoranti che scrive per Il sole 24ore. Come questo.
"Aspettiamo. E qualcosa si appressa, qualcosa senz’altro adesso accadrà,
perché sui volti, come un’onda - l’agitazione, negli occhi spenti –, un
fremito, come di candele che vengono portate via velocemente”. E’
Marina Cvetaeva che descrive il giorno dell’inaugurazione del museo
Puskin di Mosca, nel maggio del 1902: una piccola folla, più
interessata a scrutare un sovrano vivo che i calchi in gesso delle
statue greche, aspetta al primo piano il passaggio dello zar e dei suoi
cortigiani. Lo stesso fremito di sguardi lo si coglie quando passa
qualche direttore generale o amministratore delegato, ai tavoli del
Ristorante Taverna dell’Excelsior, al Lido di Venezia durante la
Biennale Cinema. Chi stava mangiando smette per un momento, la
forchetta o il bicchiere a mezz’aria, sperando d’essere salutato o
quantomeno notato. Un signore aspetta lungamente la sua preda, e,
quando la vede arrivare in compagnia d’una giovane donna, interrompe il
pasto e trasloca con mossa furtiva fino a invadere un angolo di tavolo
dell’importante dirigente. Sono queste piccole storie, questi fremiti e
movimenti, a tener desta l’attenzione di chi mangia alla Taverna. Fosse
solo per i motivi che di solito inducono a sedersi al ristorante,
allora ci sarebbe da disperarsi. Siamo di fronte alla spiaggia, con
vista su una lingua di tenera erbetta, sul grande pontile del Lido, sul
retro delle cabine di legno. L’arredo è finto country (o beach), coi
tavoli in simil bambù parzialmente coperti da tovagliette arancione a
benda e pesanti bicchieri d’acqua in vetro verde bugnato. Si può
scegliere se mangiare al buffet o alla carta. Il buffet è abbastanza
respingente: fette di pizza da ri-tagliare col seghetto e ridurre a
bocconcini infinitesimali, sennò coi denti non ce la si fa; bresaola un
po’secca, asparagi biancastri come quelli in scatola, mais, uova sode
con maionese cerulea, stopposo tonno sott’olio, l’immancabile paella,
salmone, gommosi gamberini anemici, anelli di cipolla che tutti
scambiano per finocchi tagliati fini, insalate e altre varie pietanze
da banco. Alla carta non va meglio: i “Ravioli di magro con ragu (sic)
di verdure al profumo di tartufo” fanno venir voglia di correre al
supermercato e comprarsi una busta di ravioli Rana; il ragù di verdure
consta dicilindretti di parte legnosa dell’asparago, piselli in scatola
e battuto di carote. I “Sedanini di grano duro con pomodorini freschi,
melanzane e basilico” sono probabilmente precotti e sicuramente scotti.
La “Grigliata mista dell’Adriatico” fa esclamare a un mio vicino di
tavolo: “Ma che gli fanno ai pesci?”. Lo spada, la sogliola, il
gamberone sono elastici e del tutto privi di sapore. I piatti vengono
serviti stracolmi, anche di limoni decorativi tipo Halloween, e nessuno
si sogna di portarne uno di servizio per le lische. Per contorno,
patate ultralesse, sfinite.
Alla fine, solo i passeri che zampettano sui tavoli riescono a mangiare
tutto, avanzi nei piatti e pane gommoso. Lascia perplessi la burocrazia
per l’assegnazione dei tavoli. Si viene sempre indirizzati ai peggiori,
nonostante gli altri siano – e restino - in gran parte vuoti.
Impressionanti i ricarichi: una bottiglia di Blangè Ceretto, che in
enoteca costa intorno ai 13 euro, alla Taverna viene messa in conto a
66. Un pasto, anche solo al buffet, non vi costerà meno di 80 euro.
Alla ricerca di qualcosa di meno deludente, provo anche una trattoria
di buon nome, sull’incantevole isoletta di Pellestrina, che dal Lido si
raggiunge in pochi minuti col ferry-boat. Da Nane, sul porticciolo di
un borgo marinaro, tra le casette variopinte e le barche dei vongolari.
Si mangia sulla rumorosa terrazza, guardando il mare della laguna
trafitto di pali. La cosa più buona sono i minuscoli gamberini bolliti,
teneri e delicati. Tra gli antipasti ci sono poi lumache di mare,
cicale, seppie, peoci, granseole, capesante. Gli spaghetti alle vongole
sono scotti e unti, immersi nell’olio, nel prezzemolo e nell’aglio. La
grigliata è a base di sogliola e anguilla (ottime), triglie, rombo,
gamberoni. Nonostante si mangi indubbiamente meglio che all’Excelsior,
l’insieme è deludente. Cotture eccessive che ammazzano il pesce,
spargimento d’olio su sbruciacchiature di griglia, e altri tipici vizi
della ristorazione italica.
Si mangia e beve (prosecco della casa) con 40 euro. Indimenticabile la
coppia (marito e moglie in attesa del primo figlio) che, seduta a un
tavolo all’ingresso, passa l’intera giornata, dalle 10 alle 17, a
pestare granseole col martelletto e svuotarle. Si conoscono dalla
nascita, e tutto il giorno, con le mani e i grembiuli impiastricciati,
“ciacolano” tra loro per ingannare la noia di quell’immutabile lavorio.
Chissà se a casa, la sera, troveranno ancora qualcosa da dirsi.