(dal sito Mentelocale)
Simone Regazzoni, genovese, considera la sopraelevata un gioiello. La città, i libri e l'arte. Fra breve in libreria la "Filosofia del pop porno".
Abbiamo intercettato una telefonata di Simone Regazzoni, trentaquattrenne filosofo genovese che insegna Filosofia alla Cattolica di Milano e collabora con la casa editrice il Melangolo. Il suo ultimo libro è La filosofia di Lost (Ponte alle Grazie, 2009). A maggio uscirà Pornosofia. Filosofia del pop porno (Ponte alle Grazie). Il dialogo, fedelmente riportato, mette in luce come i maschi italiani sorpresi al telefono non parlino esclusivamente di mazzette, droghe, ammucchiate e prestazioni di escort, trans e arbitri di calcio. E, fatto ancor più sorprendente, che conoscano l'uso del congiuntivo.
Che fine avete fatto voi intellettuali?
«Chiusi in casa a leggere, scrivere e guardare serie tv americane. È l'unico modo serio per cominciare a guarire dalla sindrome dell'intellettuale trombone particolarmente diffusa in Italia».
Se la vengono a trovare degli amici che non conoscono Genova, dove li porta per prima cosa?
«Avanti e indietro sulla sopraelevata (incompreso gioiello architettonico genovese: una strada sospesa tra il centro storico e il porto) fino a che non confessano che non hanno mai visto niente di più bello. A quel punto posso far loro vedere anche via Garibaldi, se proprio insistono».
Che cosa misura la temperatura culturale di una città?
«Scarsità di salotti buoni e basso tasso di eventi mondani. Così resta il tempo per fare davvero cultura. Genova in questo senso è perfetta. Ottimi incontri culturali a Palazzo Ducale. Ottimi teatri e buoni cinema. È poco glamour? Meglio».
La manifestazione culturale genovese più nota all'estero sta diventando il campionato del mondo del pesto. Le sembra un buon segnale?
«Sempre meglio delle mostre organizzate da Germano Celant o di MiArt. Il campionato del mondo del pesto è un'ottima performance artistica. Non lo dico scherzando. De André l'avrebbe apprezzata, e lui era un vero artista».
Ha seguito la campagna elettorale per le regionali?
«Sì, certo. E sono andato a votare per quel che resta della sinistra. Senza troppo entusiasmo, ma qui c'è poco da fare gli schizzinosi: siamo sull'orlo dell'abisso e anche un poco più in là. Qualsiasi cosa possa contribuire a far finire l'impero berlusconiano va fatta».
Nella classifica del pil la nostra città è agli ultimi posti in Italia. E in quella del tdf (tasso di felicità)?
«Difficile saperlo: nessun genovese dirà mai che le cose vanno bene, nemmeno sotto tortura. Siamo abitati da una sorta di pessimismo cosmico. Ma rispetto a molte altre città italiane Genova è tranquilla e vivibile».
Per questo ha scelto di vivere a Genova?
«Sì. perché Genova è tranquilla e i genovesi sono persone riservate. Tradotto: a Genova nessuno ti importuna continuamente con inviti o altro. Al massimo ogni tanto ci si vede con gli amici, ma senza esagerare. In questo senso Genova è perfetta per contenere il lato traumatico dell'Altro. Per questo qui si convive bene. La regola è non rompere le scatole all'Altro. Ecco la filosofia genovese».
Che libri sta leggendo?
«La pattuglia dell'alba di Don Wislow e Dalla tragedia alla farsa di Zizek».
Dove li ha comprati?
«Come quasi tutti i miei libri da Feltrinelli. Per me è come una seconda casa. Le commesse e i commessi sono gentili e preparati. Io non sono certo di quelli che rimpiangono il libraio che ti consiglia il libro giusto per te: anzi, lo considero un incubo».
Chi sono le personalità faro di Genova nel mondo?
«Mi vengono in mente Montale, Renzo Piano, Paolo Villaggio, De André, Tenco. Ma mi piace ricordare anche Moana Pozzi».
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